Gli struffoli, storia e segreti del dolce che a Napoli fa Natale

struffoli collageLa pasta deve essere elastica, ci vuole olio di gomito nel lavorare la massa dorata sul tavolo, la prova del nove è data dalle bollicine che si devono trovare nel momento in cui si taglia la pasta e poi si procede con l’ingegneristico lavoro del serpentello e la pallina. Fino alla creazione finale, e su questa si scatenano faide familiari di lunga tradizione, ognuna vantando la ricetta migliore da cui non ci si distacca mai ed ogni napoletano, avvezzo al sapore dello struffolo fatto dalla nonna o dalla mamma critica quello portato da amici e familiari nelle occasioni di festa e allora si scatena il supremo giudizio. La pallina è troppo grande/piccola, poco friabile, olio o strutto per la frittura, troppo o troppo poco miele, scelta sbagliata dei “corallini” decorativi, canditi si o canditi no…..Un semplice cibo? No, una delizia che sfiora il divino, un’attesa trepidante per il fatidico assaggio alla fine del cenone della vigilia di Natale sempre se si è riusciti a trattenersi dal rubare qualche pallina dal piatto custodito in qualche armadio.

Confesso il mio amore smodato per questo dolce tipico natalizio, insomma non è Natale senza struffoli, e insieme ad altre leccornie tipiche, come rococò e mustaccioli sono il coronamento del cenone insieme a qualche nocellina, fico secco, castagna del prete e mandorla sgranocchiata tanto per gradire. E che sulla mia tavola non compaia mai la pastiera…anatema! Pur essendo napoletana al 100% non amo il dolce pasquale e appunto…si fa a Pasqua, che c’entra a Natale? Ma torniamo a loro, i piccoli e mielosi struffoli. Un pò di storia:

Dal greco deriverebbe lo stesso nome dello “struffolo”, ossia della singola pallina che compone il dolce: precisamente dalla parola στρόγγυλος (stróngylos, pron. “strongoulos” o “stroggulos“) che significa “di forma tondeggiante”. L’uso di questo tipo di dolce si trova descritto in alcuni ricettari del 1600, come quello di Giovan Battista Crisci e in particolare quelli scritti dal Latini e dal Nascia li citano “alla romana” ma mai in relazione al Natale. La diffusione a Napoli e in questo periodo arriva poi grazie alle suore che dai conventi portano in dono alle famiglie nobili questo particolare dolce. Ancora oggi non è un prodotto esclusivamente napoletano, ma se trovano diverse varianti soprattutto nel nome in varie regioni del centro-sud Italia, spesso noti col nome di cicerchiata.

La ricetta di famiglia è un pò come un segreto, ma in rete ne troverete tantissime, l’importante è lavorare bene la pasta e assicurarsi che prima di iniziare a tirare i cilindretti da cui ricaverete le palline nell’impasto aperto a metà ci siano tanti buchini. Le palline devono essere abbastanza piccine perchè in cottura crescono! Per la frittura è ormai diffuso l’utilizzo dell’olio di semi, ma i più tradizionalisti usano ancora lo strutto. Infine un trucco per non fare attaccare troppo gli struffoli mescolati con il miele al piatto da portata è spalmare quest’ultimo con un pò d’olio….per non farlo attaccare ai denti….questa è un’altra storia, e non posso che consigliarvi di buttar giù qualche bicchierino di liquore, magari un limoncello o un nocino o qualche altro potente alcolico fatto in casa che verrà tirato fuori per l’occasione….

Napoletani e non, ora tocca a voi….qual’è il vostro dolce natalizio preferito??

Fonte info storiche qui e qui

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